Dal villaggio alla comunità

17.07.2024 Assistenza e protezione

La fondazione di SOS Villaggi dei Bambini in Austria dopo la seconda guerra mondiale e la nascita dei villaggi dei bambini SOS in tutto il mondo si basavano su un’idea: offrire a bambini e ragazzi che hanno perso i genitori il calore di una casa e la possibilità di costruirsi un futuro in autonomia.

Parliamo con la responsabile dei programmi Erika Dittli del motivo per cui i villaggi devono cambiare e di come questa trasformazione può apparire in concreto.

Erika, puoi spiegarci quando e perché sono nati i programmi di rafforzamento familiare?

I posti nei villaggi dei bambini SOS erano e sono tuttora molto limitati. In parte, già alla fine degli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta, le famiglie bisognose in preda alla disperazione «bussavano» alle porte dei villaggi per consegnare i propri figli, ai quali non era minimamente destinata l’offerta di assistenza alternativa. In molti luoghi l’emergenza e le necessità che ne derivavano erano molto superiori all’offerta. Divenne chiaro che costruire altri villaggi sarebbe stato troppo oneroso e non sarebbe comunque servito a soddisfare completamente la domanda. La soluzione era ovvia: sostenere le famiglie vulnerabili e colpite dalla povertà, affinché potessero prendersi cura di se stesse e avere un’esistenza sicura sul lungo periodo. Nell’ambito di questo allora nuovo «programma di rafforzamento familiare» le famiglie partecipanti vengono sostenute e accompagnate in media per quattro anni.

Qual è il futuro dei villaggi dei bambini SOS?

In futuro l’obiettivo è quello di aprire i villaggi e di integrarli maggiormente nella comunità, metaforicamente parlando: di abbattere i muri esistenti. Il concetto di assistenza alternativa fa però parte del nostro DNA e naturalmente rimane invariato laddove ce ne sia bisogno.

Come ci si può immaginare concretamente questa trasformazione e quanto tempo richiede tale «conversione»?

Dipende dalle condizioni e dalle esigenze locali. Dove le condizioni di sicurezza non destano preoccupazioni, apriamo i villaggi in modo che i bambini e i ragazzi partecipino maggiormente alla vita nella comunità circostante o, viceversa, le famiglie vulnerabili dei programmi di rafforzamento familiare del villaggio trovino una nuova casa e un ulteriore sostegno. Un esempio ben riuscito è il villaggio dei bambini SOS di Kfarhay in Libano, che ha installato serre, giardini e fonti energetiche alternative nel villaggio e che ora non solo fornisce energia a se stesso, ma anche a parti della comunità circostante. Tuttavia, tale processo di apertura non avviene da un giorno all’altro e ci accompagnerà ancora a lungo.

SOS Villaggi dei Bambini Svizzera sostiene anche alcuni villaggi dei bambini SOS nell’ambito dei propri programmi. Cosa ne sarà di loro? Continueranno a essere coinvolti nei programmi?

Assolutamente sì, in alcuni casi addirittura più di prima. La trasformazione offre nuove opportunità per coniugare il lavoro nei villaggi esistenti con componenti di prevenzione, di rafforzamento e basate sulle comunità. Per noi si tratta di un’ulteriore opportunità per sostenere l’integrazione nelle varie comunità e creare nuove prospettive a livello locale. Un esempio positivo è il villaggio dei bambini SOS di Estelí. Anche in questo caso ci impegniamo a mantenere il contatto con i genitori naturali o con i parenti stretti. Sette bambini di questo villaggio dei bambini SOS potranno tornare stabilmente alle loro famiglie d’origine nei prossimi tre anni. I bambini e le loro famiglie ricevono un’assistenza attenta e un sostegno materiale e psicologico personalizzato. In questo modo garantiamo che i bambini continuino a crescere in un ambiente sicuro e stimolante.

Cosa succederà in futuro ai bambini e ai giovani senza genitori o le cui famiglie non potevano o non possono occuparsi di loro temporaneamente?

In questi casi la nostra filosofia rimane invariata: la continuità dell’assistenza e il benessere del bambino sono per noi al primo posto. A seconda delle circostanze, sono disponibili le seguenti opzioni:

  • Ricongiungimento con famiglie di origine: quando le circostanze lo permetteranno di nuovo, con i genitori, i nonni o la cerchia estesa dei parenti.
  • Rafforzamento della prevenzione: ulteriore focalizzazione sui programmi che rafforzano le famiglie, prevenendone così la disgregazione fin dall’inizio.
  • Accoglienza presso famiglie SOS: a seconda delle possibilità e dei programmi locali, nei villaggi dei bambini SOS esistenti o in famiglie SOS già integrate nella comunità.

Cosa succede alle madri SOS e in generale al personale dei villaggi dei bambini SOS quando ha luogo il cambiamento?

Dipende da caso a caso. Cerchiamo sempre una soluzione che sia più duratura possibile e che mostri alla persona interessata quanto apprezziamo il suo lavoro. Per le madri SOS questo può significare trasferirsi in un altro villaggio o, a seconda dell’età, andare in pensione un po’ prima del previsto. In Nepal, ad esempio, esistono case di riposo speciali per madri in pensione. A seconda della qualifica, si può anche valutare il passaggio a un altro ambito di responsabilità.

È possibile che alcuni villaggi dei bambini SOS vengano chiusi?

Sì, nel contesto di una focalizzazione sulle misure preventive è assolutamente possibile. Anche con la costosa costruzione di nuovi villaggi non potremmo soddisfare neanche lontanamente la necessità di un’assistenza alternativa, che tende ad aumentare piuttosto che diminuire. Per questo è ancora più importante promuovere misure preventive.

A chi spetta la decisione della chiusura di un villaggio dei bambini SOS o quali sono i relativi criteri?

La decisione viene presa dai nostri partner locali, ovvero dal personale responsabile in loco. Determinanti in tal senso sono la valutazione di forme di assistenza alternative, motivi culturali, una maggiore integrazione delle famiglie SOS nella comunità o anche le caratteristiche delle infrastrutture. Tuttavia, le chiusure vengono pianificate e attuate senza eccezioni a lungo termine, con la massima cautela e con l’obiettivo di dare la massima priorità al benessere dei bambini.

In caso di chiusura, cosa ne sarà dell’infrastruttura?

Anche in questo caso le opzioni variano a seconda del luogo e delle circostanze. In determinati casi, il villaggio e gli edifici esistenti vengono restituiti allo Stato o al comune. Altrettanto valida, è l’ipotesi di una piena integrazione nella comunità come area residenziale in cui convivano le famiglie SOS e altre famiglie della comunità. Se si presenta l’occasione, è possibile anche affittare a lungo termine o vendere l’intera infrastruttura o parte di essa.

Come valuti personalmente questa possibilità di trasformazione per i villaggi dei Bambini SOS?

Dal punto di vista del programma e anche in considerazione delle mie esperienze personali e dei miei colloqui in loco, sono molto favorevole a questo approccio. La trasformazione e la riorganizzazione dei villaggi, adattata a livello locale, sono nell’interesse dei bambini. In questo modo possono integrarsi ancora meglio nella propria comunità, sin dalla tenera età. Ultimamente ho parlato anche con due madri SOS di Hawassa, in Etiopia, che hanno già fatto il passo di tornare nella comunità con i loro figli. Riconoscono i vantaggi di questi cambiamenti e li sostengono. È molto importante però tenere presente che la continuità dell’assistenza ha e continuerà ad avere la massima priorità nel nostro programma di lavoro.

Questo progetto contribuisce a raggiungere il seguente obiettivo di sostenibilità dell'ONU:

SDG 10: Ridurre le disuguaglianze

Impressioni da villaggi dei bambini SOS

Responsabile del contenuto:

David Becker

Rapporti sull'impatto dei nostri progetti e i singoli destini che li accompagnano sono ciò che mi motiva ogni giorno a fare ricerca e a scrivere.

Questi temi potrebbero interessarvi:

Lesotho

«Le magiche fiabe della nonna»

Etiopia

I certificati di nascita garantiscono i diritti

Nepal

Nepal: Promuovere l'inclusione

Etiopia

Dove lavoriamo: Auasa

Nicaragua

Per crescere un bambini ci vuole un villaggio

La forza del legame