Grazie a un’apposita legge, il Sudan è un ulteriore paese a schierarsi contro le mutilazioni genitali femminili, passibili di pena.
Tale legge rappresenta un passo fondamentale nella direzione giusta per le ragazze e le giovani donne del paese. L’UNICEF stima infatti che in Sudan 9 donne su 10 siano ancora costrette a subire questo terribile rituale, facendo posizionare il paese fra gli otto con il maggiore tasso di mutilazioni genitali femminili al mondo.
Solo una tappa di un lungo percorso
Le normative di legge sono sicuramente decisive, ma rappresentano solo una parte della soluzione. Come in molti altri paesi, un divieto non è assolutamente sinonimo di eliminazione, bensì – nella migliore delle ipotesi – riduce la frequenza di questa brutalità. Spesso, infatti, questo traumatico rituale avviene comunque di nascosto con le stesse drammatiche conseguenze per le donne. L’Egitto funge da triste esempio in merito: nonostante il divieto a norma di legge, le denunce e persecuzioni penali sono saltuarie.
Nessun passo avanti in assenza di sensibilizzazione
Oltre alle misure a norma di legge, è imprescindibile sensibilizzare le persone. La tematica deve essere oggetto di discussione aperta. I danni a lungo termine, i pericoli e il processo disumano della mutilazione genitale femminile devono far breccia e ancorarsi nell’opinione pubblica di quelle società dove il rituale è radicato a livello culturale o religioso.
Individuare alternative
Questo compito spetta anche a SOS Villaggi dei Bambini nei paesi interessati dai rispettivi progetti, dove le donne subiscono ancora le conseguenze di questa tradizione. La speranza di un successo duraturo risiede in usanze alternative che soddisfino gli stessi scopi, ma senza dolore e rischi. Pertanto SOS Villaggi dei Bambini si impegna a contrastare la mutilazione genitale femminile relegandola prima possibile a rito del passato.
Maggiori informazioni sulle conseguenze nel nostro colloquio con la Prof. Dr. Annette Kuhn, medico specializzato in ginecologia.