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15.05.2019 Attualità Diritti dei bambini Tutti Africa La mutilazione genitale e le sue conseguenze

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A colloquio con Prof. Dr. Annette Kuhn, specialista in ginecologia e ostetricia, ginecologia operativa e ostetricia, uroginecologia, Inselspital di Berna.

Quanto è diffusa la pratica della mutilazione genitale femminile in Svizzera?

Alla luce delle cifre non affatto ufficiali, fornire una risposta risulta estremamente complesso e possiamo solamente riferirci a delle stime. Una visita ginecologica non viene considerata una priorità dalle migranti giunte in Svizzera, in quanto provengono da paesi e culture dove i controlli medici regolari sono pressoché inesistenti. Pertanto, possiamo solamente citare stime imprecise. Secondo Terre des Femmes, i dati oscillano fra 7500 e 15’000 ragazze, una forbice molto ampia che non considera le donne mature. Pertanto, si presuppone che le donne e le ragazze sottoposte a questa pratica e residenti in Svizzera si aggirino su alcune migliaia.

Le donne e le ragazze approdano in Svizzera con questi soprusi già alle spalle o la pratica della mutilazione genitale viene eseguita anche qui nel nostro paese?

Di regola, la maggior parte delle ragazze e delle donne viene sottoposta a questa pratica all’estero. Credo a buon ragione che nessun medico formalmente esercitante la propria professione in Svizzera eseguirebbe mai la mutilazione, ma ovviamente non possiamo escludere del tutto tale ipotesi. In generale, i ginecologi sanno perfettamente che questa pratica è severamente vietata in Svizzera. Esistono inoltre una lettera redatta da esperti del settore e una guida su come approcciarsi a tale questione. Ammesso che le donne siano state sottoposte alla mutilazione genitale qui in Svizzera, si tratta di una minoranza.

 

Come si confrontano i medici svizzeri con la questione della mutilazione genitale?

Presso la Clinica universitaria di ginecologia e ostetricia di Berna, noi medici entriamo a contatto con il tema della mutilazione genitale in svariati ambiti: quando le donne si rivolgono al reparto di ostetricia nel quadro dell’assistenza prenatale, ci consultiamo su come muoverci in considerazione della mutilazione e del bambino che sta per nascere, ovvero discutiamo su ciò che è e non è possibile fare. Discutiamo inoltre della tematica nell’ambito di incontri informativi pomeridiani organizzati qui a Berna da me, una collega e un’ostetrica, segnalando che le donne colpite possono rivolgersi a noi. Durante gli appuntamenti ginecologici possono emergere diversi problemi legati ad esempio alla minzione, ai dolori durante i rapporti sessuali o alle difficoltà di rimanere incinta. Sorgono domande come se sia possibile “tornare indietro” o rendere nulli gli effetti della mutilazione. Ed emergono problemi di natura psicologica. Pertanto, affrontiamo la questione sia nel reparto di ginecologia che nell’ostetricia.

Come reagiscono le persone interessate di diverse culture ai suoi tentativi di sensibilizzazione riguardo al tema e ai rimandi alle normative di legge? Lei, in quanto cittadina europea, non nota delle resistenze, volendo opporsi a questa prassi?

Avendo lavorato due anni in Sudan e parlandone la lingua, ho una piccola posizione di vantaggio: senza la barriera linguistica, il mio lavoro è molto più facile. Tuttavia, in generale si tratta di un tema delicato, sia che venga affrontato qui “in Occidente”, sia che se ne parli ad esempio in Sudan, dove le persone non accettano che noi trattiamo le loro tradizioni alla stregua di atti primitivi. Nel complesso è molto difficile affrontare la questione, poiché spesso i problemi intimi sono considerati un tema tabù in molte culture, fatta eccezione per le emergenze. Da noi ci si aspetta pertanto tatto. Ciò malgrado, grazie al lavoro di sensibilizzazione che portiamo avanti nella Clinica da dieci anni, notiamo che le donne pian piano trovano sempre più coraggio e pongono domande durante gli eventi informativi, mostrando maggiore apertura. Sono le giovani donne a mostrarsi più propense a discutere. Nonostante la mutilazione genitale costituisca ancora un tema delicato per le donne, si tratta di una questione che deve venir affrontata. È necessario parlarne, dato che le limitazioni fisiche e i problemi psicologici che ne derivano non possono essere ignorati o finire nel dimenticatoio. Se qualcuno risulta positivo al test dell’HIV, io non posso semplicemente dire che va tutto bene: dobbiamo parlare ad esempio delle modalità di contagio e di cosa si può fare per combatterle, anche se si tratta di un tema ostico ai più. È nostro compito spiegare le conseguenze della mutilazione genitale femminile, per evitare così che questa pratica si protragga. Ovvio, è un’impresa titanica, perché chiaramente ci confrontiamo con scogli culturali: la tradizione della mutilazione delle ragazze è millenaria e costituisce pertanto parte integrante del bagaglio di pensiero delle persone provenienti da determinate culture.

Quali sono le ripercussioni di questa pratica sulle donne?

La minzione è particolarmente difficoltosa, i rapporti sessuali sono talvolta preclusi o accompagnati da forti dolori e vi sono complicazioni al momento del parto. Ma anche traumi e sterilità sono effetti da non trascurare. È la sterilità a implicare gravi problemi. Si può affermare che le peggiori vessazioni derivino solamente dalla sterilità: in queste culture, le donne che non possono avere bambini vengono considerate colpevoli e spesso sono emarginate dalla comunità, il che è fattore in primo luogo di stress emotivo, al quale fa presto seguito quello economico. La donna in questione, infatti, non ha compiuto un percorso di formazione e pertanto non è autosufficiente. Se rimane con il marito perché lui, magari, la ama e non vuole cacciarla, anche in questo caso le conseguenze finanziarie gravano sul nucleo familiare, poiché in questi paesi non esiste alcuna forma di previdenza per la vecchiaia. Pertanto, a lungo termine la coppia può cavarsela economicamente solo se ha figli a sufficienza. Purtroppo il livello d’istruzione delle persone nelle regioni rurali è spesso basso se non addirittura misero, altrimenti saprebbero che la mutilazione mette a repentaglio la fertilità della donna e le loro stesse capacità di sopravvivenza, considerato che non possono più contare sui figli come forma di sicurezza durante la vecchiaia.                                                                                                           

Come è possibile raggiungere un cambio di prospettiva nelle culture dei paesi interessati da questa pratica?

È fondamentale che il cambio di pensiero provenga dalle proprie stesse file. Ci sono molte donne dalla Somalia, Etiopia o Kenya che si impegnano a favore dei diritti delle donne. Queste donne sono parte integrante delle comunità e in questi paesi l’efficacia delle azioni promosse dalle donne locali è centinaia di volte maggiore rispetto, ad esempio, a quello cui potrei auspicare io. Ed è anche molto meglio se è una guida spirituale locale a indicare alle persone come il Corano professi l’intangibilità del corpo, anche di quello femminile.